Il reddito di cittadinanza spegnerà le energie vitali del Paese

Il reddito di cittadinanza spegnerà le energie vitali del Paese

Il liberismo in Italia non ha mai avuto fortuna. Non solo, in verità come realizzazione di concrete politiche pubbliche, ma nemmeno a livello ideologico. Chi scrive non è fra coloro che, esasperando un’idea in sé valida, fanno della scelta per il libero mercato quasi un dogma, la panacea per ogni male valida è sempre e comunque. Credo però che, qui da noi, si siano sempre poco considerati, o addirittura rifiutati, i presupposti morali del liberismo. Il quale ha un’idea di uomo che non aspetta da altri protezione e guarentigie, ma si sforza di attivare tutte le proprie energie vitali, anche e soprattutto intellettuali, per migliorarsi, realizzare dei piani di vita e anche uscire dalle proprie difficoltà se del caso.

È proprio questa idea che non ci fa amare particolarmente il reddito di cittadinanza che i 5 stelle hanno imposto nel “contratto” che ha dato vita al governo. E che da sempre è stato il cavallo di battaglia di un movimento che non ha una visione d’insieme o organica sulle cose della politica o della società. Né si può sperare che l’altra forza governativa, la Lega, che invece quella visione ce l’ha ed è espressione anche di ceti produttivi (nonché fautrice di una flat tax che però non sembra sul punto di realizzarsi), possa mitigare in sede di attuazione le pretese redistributive dei pentastellati. Non potrà farlo per il semplice motivo che il governo attuale, che non ha alternative, è un esperimento quasi unico nel suo genere: non è cioè un governo di sintesi fra le opzioni di forze anche molto diverse fra loro, ma è fondato, appunto “contrattualmente”, su una rigida separazione di ambiti di azione fra i due gruppi politici che hanno dato vita ad esso.

La domanda da porsi non concerne perciò tanto, a mio avviso, gli esiti economici, esageratamente dipinti come catastrofici, della manovra testé bocciata a Bruxelles, ma i suoi esiti morali indiretti e di più lunga durata. Essa continua infatti a instillare l’idea paternalistica che c’è sempre qualcuno che pensa a noi e che aiuterà a salvarci.

Potrà andare avanti un Paese che continua sistematicamente a sopire in questo modo i suoi spiriti vitali? Potrà mai ritrovarli? E dove e quando? Domande scomode che forse oggi proprio, in una situazione in cui la domanda di protezione è forte e va rispettata, non è licito porre sul tavolo. Ma che, quando gli equilibri politici si saranno ricomposti, non potrà più essere elusa.

A quel punto si tratterà forse di riconoscere le buone ragioni di chi ama giocare da sé la propria battaglia e rischiare, facilitandone l’azione senza punirlo per ricompensare chi nella vita ha fatto solo affidamento sugli altri o sullo Stato papà.

Corrado Ocone, huffingtonpost.it 26 ottobre 2018

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