Flat tax, 5 domande a 3 liberali

Flat tax, 5 domande a 3 liberali

La flat tax, l’aliquota fiscale unica, è stata uno degli argomenti più dibattuti della campagna elettorale 2018. Incostituzionale, vantaggiosa o inopportuna? Lo abbiamo chiesto a tre liberali doc: Alessandro De Nicola, Davide Giacalone e Antonio Martino.

1) La flat tax è incostituzionale?

ADN: Sì, se non ci sono detrazioni significative.

DG: No. Il riferimento è alla progressività, che rimane tale anche con una sola aliquota, data la diversa incidenza del reddito non tassabile (no tax area). Lo ha spiegato benissimo Ricolfi.

AM: No. Se ne sostiene l’incostituzionalità perché non sarebbe progressiva, violando il principio costituzionale secondo cui “il sistema tributario è improntato a criteri di progressività”. In realtà, la flat tax è progressiva per via del reddito non soggetto a imposta.

Per semplicità di esempio, supponiamo che la quota di reddito esente sia pari a 5.000 euro, e prendiamo in considerazione due soggetti con redditi di 10.000 e 50.000 euro. L’aliquota di flat tax sia il 20%.

Il primo, con reddito di 10.000 euro, pagherebbe il 20% del suo reddito al netto della no-tax area. Cioè 10.000 – 5.000 = 5.000 * 0,2 = 1.000. Il rapporto fra imposte pagate e reddito sarebbe 1.000/10.000= 10%.

Il secondo pagherebbe il 20% di 45.000 euro, cioè 9.000 euro. Per lui il rapporto fra imposte pagate e reddito sarebbe 9.000/50.000 cioè il 18%. Le imposte, quindi, assorbono una percentuale di reddito maggiore per i redditi più alti, rispettando il principio della progressività.

2) La flat tax è: a) lo shock che serve al Paese, b) semplicemente una buona proposta, c) una promessa elettorale? 

ADN: Una buona proposta.

DG: È una buona proposta.

AM: È esattamente il tipo di shock che serve all’Italia in un momento in cui la crescita è inferiore all’errore statistico. Se impostata correttamente, la flat tax accrescerebbe l’incentivo a investire e renderebbe meno conveniente l’erosione di base imponibile e l’elusione delle imposte. Farebbe emergere forse anche una parte del reddito sommerso e tutte queste ragioni stimolerebbero reddito, produzione e occupazione. Altro vantaggio sarebbe l’aumento del gettito erariale. Contrariamente a quanto si crede, infatti, se si imposta correttamente la flat tax rende in termini di gettito, non costa.

3) Quali sono i suoi principali vantaggi?

ADN: Semplificazione, proporzionalità, limitato recupero evasione fiscale, generale abbassamento delle tasse.

DG: La semplicità.

AM: I vantaggi, oltre quelli già detti, includono la semplificazione del sistema fiscale che diverrebbe facilmente comprensibile per tutti. Commercialisti e esperti di diritto tributario avrebbero meno lavoro, ma i contribuenti risparmierebbero sui costi di pagamento delle imposte perché non avrebbero bisogno di essere assistiti da astuti esperti in grado di suggerire qualche modo legale per pagare meno.

4) Quali, invece, gli svantaggi?

ADN: Necessità di copertura adeguata e di una revisione del sistema di welfare, sulla falsariga di quanto propone l’Istituto Bruno Leoni.

DG: a) deve essere chiaro che vengono meno una infinità di detrazioni; b) non si può giocare d’azzardo con le coperture, sicché deve essere chiaro che il solo modo per ottenere minore pressione fiscale consiste nel far calare la (spropositata) spesa pubblica.

AM: Non ne vedo alcuno, tranne il fiorire di critiche insulse dettate sopratutto dall’invidia.

5) Un bilancio delle esperienze reali dell’aliquota unica?

ADN: In generale positivo, ma applicata in contesti molto diversi all’Europa Occidentale.

DG: Troppo disomogenee per essere paragonabili.

AM: Ovunque sia stata introdotta la flat tax ha determinato un aumento del gettito, una condotta fiscale dei contribuenti più onesta, e lo sviluppo economico. Ovviamente, questo non prova nulla. Il vero bilancio si potrà fare solo qualche anno dopo la sua introduzione. Ma, anche se non amo il rischio, sarei disposto a scommettere su un formidabile successo.

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