Pubblicato su Libero in data 7 maggio 2016 – Eppure qualche cosa di sensato e compito le urne amministrative la dicono. Intanto che nell’Italia che vuol essere a forza bipolarista (siamo alla seconda legge elettorale con il premio al polo che vince) i due poli non ci sono. O ce ne sono troppi. Nei municipi la questione si risolverà fra due settimane, perché il ballottaggio assolve alla sua funzione naturale, quando si tratta di eleggere organi monocratici (il sindaco). Ma se funzionassero come in Francia, per le elezioni legislative, ai ballottaggi andrebbero in tre o quattro. Con tanti saluti al bipolarismo.

La seconda cosa l’ha detta Matteo Renzi, che cerando di togliere valore nazionale ai risultati ha affermato che gli elettori sanno scegliere, non si muovono (almeno non solamente) per schieramenti e partiti, ma valutano i candidati. Ha ragione, è quel che accade. Ma, allora, se gli elettori sono così smagati e capaci di scegliere, perché non possono farlo con i parlamentari? Il ragionamento di Renzi, corretto, dovrebbe portare verso i collegi uninominali, esaltando il discernimento esercitato dai liberi elettori. Oppure, all’opposto, preso atto che i poli sono tre o quattro, che le truppe frinenti marciano e non passano, ma permangono, e che ridurli a due per legge sembra un filino forzato e rischioso, si dovrebbe viaggiare verso il ritorno del sempre uguale, ovvero del sistema proporzionale. Preferisco la prima, ma ha un senso anche la seconda. Ne ha assai meno il sistema vigente, sconosciuto nel tempo e nello spazio, mai adottato da alcuna democrazia, forse proprio per questo denominato: italicum. Il sogno di un capo partito è quello di arrivare al ballottaggio ponendo gli italiani davanti alla scelta: o io o quelli dell’antipartitismo ortottero. Convinto che gli italiani, anche delle altre sponde politiche, lo voteranno per evitar di veder le stelle. E se così non fosse? Giocare all’austriaca può non essere saggio.

Presi da cotanto ragionare non vorrei sfuggisse che la Banca d’Italia ha rivisto al ribasso le stime di crescita (1.1% nel 2016), tenendosi comunque sopra quelle che ci assegna l’Ocse (1%). Lo ricordo solo per dire che, a parte tutto, ci sarebbe l’incomodo della realtà, cui dedicare qualche attenzione. Se avanza tempo.

Share