I nemici d’Europa

I nemici d’Europa

Terminata l’orgia retorica e commemorativa, proviamo a usare le ricorrenze per la sola cosa utile: l’esercizio della memoria. Nei discorsoni sono tutti europeisti, salvo aggiungere che dovrebbe essere corretta e funzionare meglio. Come, però, non lo dicono. Invece che i celebranti, a me interessano i detestanti.

L’Europa ha i suoi nemici, li ha sempre avuti. Vanno guardati da vicino, per capire quanto grande e straordinariamente positiva sia l’Europa fin qui realizzata. Al suo nascere l’Europa dei Trattati di Roma dovette, necessariamente, prendere atto che non all’Europa poteva rivolgersi, ma solo a una parte di essa.

Mezza Europa e mezza Germania non avrebbero potuto farne parte, perché componevano un’alleanza militare nemica dell’Occidente. Non eravamo avversari o concorrenti, ma nemici.

Mezza Europa subiva la dittatura. Lo si dimentica. Nell’altra mezza Europa c’erano nemici attivi, sia dei trattati che di tutti gli altri passaggi successivi, fino al Sistema monetario europeo e all’Unione. Quei nemici erano di due tipi: la cultura di derivazione fascista e nazionalista, che ancora fremeva per il coincidere di sangue e suolo, di popolo e nazione; e la cultura comunista, seguace di un internazionalismo che pretendeva di negare la democrazia, in nome di un bene ideologico che produceva solo miseria e dittatura.

All’esterno l’Europa aveva un nemico nell’Unione sovietica, che puntava a considerare immodificabili i confini descritti alla fine della seconda guerra mondiale, quindi il dominio su tutto quello e tutti quelli che erano rimasti a “est”. Sarà il caso di ricordare che quella guerra era iniziata per difendere la Polonia e si era conclusa abbandonando la Polonia. Dall’altra parte gli Usa non erano nemici, perché l’Europa dei Trattati, con l’eccezione della Francia gaullista, fioriva nella serra della Nato.

E oggi? Guardateli, gli antieuropeisti: sono i rampolli dei loro genitori. Vogliono le barriere, le dogane, i dazi e le protezioni: erano e sono rimasti nemici del mercato, naturalmente sempre in nome degli interessi del popolo (che grazie al mercato ha conquistato ricchezza e sicurezza); erano e sono i militi di una sovranità parolaia e tonitruante, che resta aria fritta, quando non diventa condotta politica vera, che porta alla guerra.

I fasciocomunisti odierni hanno cambiato abito, ma non testa. Persi gli universi ideologici hanno ripreso le sembianze che precedettero la prima guerra mondiale, fidando nel fatto che la memoria illanguidisce e la scuola non istruisce.

All’esterno le cose sono cambiate. Non c’è più l’Unione sovietica, ma non per questo s’è estinta la storia iniziata con Pietro il grande e, con gli zar o con i compagni, comunque punta ad allargare l’influenza a ovest, mantenendo il controllo dell’est. Certo che con la Russia si devono avere rapporti e intrattenere commerci, ma i putinisti di oggi sono i degni eredi dei comunisti di ieri e dei nazionalismi foraggiati per evitare il coagularsi di una potenza che negherebbe anche solo il disegno e l’aspirazione di crescere verso ovest.

Prego ripassare la storia delle repubbliche baltiche, della Polonia o dell’Ungheria. La novità si trova oltre Atlantico, non perché sia nuovo l’isolazionismo, ricorrentemente presente nella storia degli Usa, ma perché è la prima volta che due presidenze di diverso colore e di contrapposto tenore si susseguono praticandolo.

E se si è isolazionisti si bada più ai commerci che alle potenze militari, fidando che quelle non verranno usate. E se si guarda alle potenze commerciali si osserva che l’Ue è più forte degli Usa.

Nel campo economico noi siamo più grandi, più ricchi, più commercianti. Il che spiega il perché di certe parole urticanti, provenienti dalla Casa Bianca. Quella dell’Unione europea è una storia di successo. Chiunque, dall’esterno, la vede come tale.

Certo, molti sono i problemi e molte le cose che vorremmo cambiare, ma perdere di vista il valore di quel successo significa cedere, prima culturalmente e poi politicamente, ai nemici dell’Europa, che, ieri come oggi, sono i nemici della libertà e del benessere, in nome di miti con i quali infiammano una retorica nauseabonda, nel frattempo conquistando i quattrini con cui si pagano la bella vita. La loro.[spacer height=”20px”]

Davide Giacalone, Il Giornale 25 marzo 2017

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